a cura degli studenti della I A
(con la supervisione della prof.ssa Marchetti)
Olha Slivinska è una ragazza ucraina, di 17 anni, fuggita dalla guerra.
Accolta dal nostro Istituto, nel quadro dell’offerta del nostro Paese a sostegno dell’istruzione degli studenti profughi ucraini, Olha è stata inserita, per un breve periodo, nella classe IIIB del liceo.
In Ucraina, Olha frequenta l’ultima classe del liceo e a luglio avrà il suo esame “di maturità”. Poi potrà iscriversi all’università, o meglio, questo è il suo desiderio, che ora deve scontrarsi con la perversa realtà politica e sociale del suo Paese.
I ragazzi della IA le hanno fatto alcune domande per meglio conoscerla e per conoscere la realtà dalla quale è fuggita.
Perché hai deciso di partire?
Il 25 febbraio, l’aeroporto della mia città, Ivano-Frankivsk, è stato bombardato; la mia casa si trova solo ad alcune centinaia di metri da questo. Lo spavento è stato grande, tanto quanto il timore verso eventi ignoti. Abbiamo appreso dai media dell’invasione russa, ossia dell’inizio della guerra.
Da quel giorno la vita è davvero cambiata. Dovevamo restare in casa, uscire solo in determinate ore stabilite, per prendere gli alimenti. Ai negozi c’erano delle lunghe file, che duravano anche 4 ore. Ho imparato ad ascoltare un nuovo suono, quello delle sirene “antibomba”, che ci avvisavano di entrare nei rifugi. Io sino ad allora non sapevo nemmeno cosa fossero i rifugi, luoghi improvvisati nei sotterranei, come impianti fognari, metro, garage, cantine. Il Sindaco della nostra città ha consigliato, a chi poteva, di lasciare le
proprie abitazioni e di trovare rifugio in campagna oppure all’estero. La mamma ed io eravamo le uniche della famiglia a poter lasciare il Paese, in quanto sia mio papà che mio fratello dovevano restare a disposizione dei bisogni della città. Visto che mia nonna abita in campagna, loro si sono trasferiti da lei, mentre io e la mamma siamo partite nel tentativo di raggiungere Suzzara, una piccola città della vostra provincia, nella quale anni prima mia nonna aveva abitato e lavorato.
Raccontaci il tuo viaggio, se te la senti ovviamente.
Certo. La mamma ed io siamo partite una notte, ma prendendo due strade diverse, in quanto non era possibile fare il viaggio insieme. Siamo riuscite a stare in contatto solo per alcune ore, perché poi i cellulari hanno smesso di funzionare. Ci eravamo ripromesse di risentirci appena dopo il confine polacco, nella speranza di poterlo entrambe raggiungere. Io sono partita con dei vicini, marito e moglie, insieme alla loro figlia e ai loro due piccoli nipoti.
Eravamo in sei su una piccola macchina. Per fare un viaggio che normalmente richiede quattro o cinque ore ci abbiamo impiegato quattro giorni: le strade erano letteralmente “affogate” di macchine, lunghissime ed interminabili file di tutti coloro che lasciavano l’Ucraina. La benzina scarseggiava; avevamo fatto rifornimento in una grande tanica che portavamo nel baule. Ho dormito con loro in macchina e mangiavamo lungo la strada, grazie a volontari che portavano dalle campagne latte, uova, pane, frutta.
Purtroppo ho visto alcune persone star male lungo il viaggio, per il freddo o perché già ammalati. Scene che non dimenticherò mai. Quando sono arrivata in Polonia, alcuni militari polacchi ci hanno smistati a seconda della destinazione e sono stata letteralmente spinta su un aereo, con molti miei connazionali, diretta verso Bergamo. Non sono riuscita a sentirmi con la mamma, ma sono riuscita a comunicare con mia nonna, che ha avvisato i suoi amici italiani del mio arrivo; così hanno potuto venire a prendermi all’aeroporto. Non sapevo che mamma fosse già arrivata a Suzzara: il suo viaggio in autobus era stato più veloce, anche se più pericoloso, poiché
l’autobus aveva attraversato aree pericolose. C’era anche lei all’aeroporto ad attendermi. È stato bellissimo poterla riabbracciare.
Come ti trovi in Italia?
Sono stata fortunata ad incontrare persone gentili ed accoglienti, che mi hanno permesso di allontanarmi da paure e timori. Certo che mi manca tanto la mia terra, la mia famiglia, la mia scuola.
Sento molto la mancanza dei miei compagni di studi; molti di loro sono in Polonia, Germania, Francia, alcuni negli Stati Uniti. Spero tanto che questa guerra assurda possa finire al più presto e di poter ritornare alla mia vita. Qui mi trovo bene, ho potuto visitare anche città molto belle come Mantova, Firenze, Modena, Milano; sono stata anche a Roma, all’ambasciata canadese per i rifugiati. La vostra capitale è una sorpresa artistica ad ogni angolo di strada. Mi sono sentita accolta e compresa.
La nostra scuola ti piace?
Prima di tutto desidero ringraziare la Dirigente e tutti i professori che mi hanno permesso di frequentare la vostra scuola. I ragazzi della IIIB sono simpatici e gentili e mi hanno subito fatta sentire come a casa. Anche gli insegnanti, malgrado non capissi molto a causa della lingua, mi hanno sempre permesso di non sentirmi sola. Ho conosciuto anche due ragazzi ucraini, con i quali ho potuto parlare nella mia lingua. In IIB mi sono divertita con Claudia (Marchetti) perché mi ha fatto fare una lezione sul mio alfabeto e i suoi studenti hanno imparato alcune parole in ucraino. È stato davvero divertente.
La vostra scuola è molto diversa dalla mia. Noi abbiamo classi che vanno dai 10 anni ai 18; le aule sono molto più piccole, non in tutte abbiamo la lavagna Lim e rimaniamo a scuola a mangiare e a fare i compiti. Inoltre le palestre sono molto “sfasciate”. Durante l’anno viviamo alcuni momenti celebrativi, in cui festeggiamo la nostra identità culturale: ci vestiamo con gli abiti nazionali e cantiamo e balliamo su musiche folkloristiche ucraine.
Cosa studi in Ucraina?
Frequento il liceo scientifico e vorrei laurearmi in informatica e storia. Due materie apparentemente lontane tra loro…
Sì, è vero, ma in Ucraina esistono corsi universitari paralleli in cui è possibile affiancare materie scientifiche e tecnologiche a materie sociali, storiche e linguistiche.
Una tua giornata tipo in Italia, ce la vuoi raccontare?
Mi sveglio sempre presto al mattino e, dopo aver fatto colazione, se non ho corsi online con la mia classe, vengo qui a scuola. A pranzo mi piace mangiare la pasta con il pomodoro. È davvero buonissima. Mi piacciono anche i tortelli di zucca. Al pomeriggio, dopo aver “chattato” con i miei amici, faccio i compiti. Poi esco a fare un giro in piazza a Suzzara, a piedi o in bicicletta. Poi cena e poi un po’ di tv prima di addormentarmi. Ho passato una bellissima serata con Ester, una mia compagna di IIIB, che mi ha invitata a Mantova a mangiare la pizza. Mi ha prestato la sua bicicletta e siamo andate a fare anche un giro in centro, dove abbiamo incontrato altri amici.
Così hai corsI on line con la tua classe ucraina?
Sì, i miei insegnanti sono riusciti a riunirci attraverso la didattica digitale a distanza. È strano, perché molti di noi sono all’estero e i fusi orari non coincidono. Alcuni dei miei compagni invece sono in Ucraina e gli insegnanti si collegano dalle loro case. Spesso però dobbiamo interrompere il collegamento, perché scattano le sirene e tutti devono correre nei rifugi.
Ti piacerebbe darci un consiglio dal tuo punto di vista, oggi, dopo la tua traumatica esperienza in cui tutto è così cambiato?
Vorrei solo dirvi di non dare per scontate tutte le opportunità che vi si presentano ogni giorno. Non potete nemmeno immaginare quanto mi manchino la mia scuola, i miei insegnanti e i miei compagni. Oggi molti di noi ragazzi ucraini si sentono senza un futuro e se penso anche al mio lo vedo precario e inconsistente. Mi mancano le cose semplici, fare il mio zaino, sottolineare i miei libri con i miei colori, aspettare l’autobus e fare il
viaggio verso la scuola con i miei amici; mi manca ascoltare nella mia classe le lezioni dei miei insegnanti. Mi manca camminare per le strade della mia città e andare al parco a mangiare un gelato con gli amici. Ma appena posso desidero tornare nella mia terra, perché è l’anno del diploma e vorrei tanto poterlo celebrare con tutti gli amici. Avevo già scelto il tessuto per l’abito della Festa dei Diplomi e poco prima dello scoppio della guerra la nostra sarta aveva già iniziato a tagliarlo. Poi però tutte le attività sono state chiuse. E anche lei ha dovuto lasciare il suo lavoro per la campagna. Chissà se potrò mai indossarlo …
Oggi Olha ha potuto tornare a frequentare la sua scuola. Un avviso inaspettato, giunto un pomeriggio di quasi estate, come il più bel regalo che potesse ricevere, la informava che, nella sua zona, erano stati creati dei corridoi umanitari per permettere il ritorno in sicurezza degli studenti.
Olha avrà l’esame finale il 2 luglio e poi potrà finalmente indossare il suo abito nuovo. Ed iscriversi all’università.
In bocca al lupo, Olha, noi siamo con te!
Foto della classe di Olha – ultimo giorno di scuola, Ucraina.