Fausto Callegarini, insegnante madrelingua della nostra scuola: numerose esperienze alle spalle e un metodo d’insegnamento efficace.

Di Gaya Panini

Buongiorno, Prof., ci parli un po’ di lei: dove è nato e dove ha abitato prima di arrivare qui a Mantova?

Io sono nato e cresciuto qua a Mantova e ho frequentato le scuole, fino alle scuole superiori, qui a Mantova. All’età di 15 anni ho cominciato a insistere con i miei genitori perché volevo fare l’Università negli Stati Uniti. Dopo due anni di insistenze, finalmente hanno accettato e tramite un’agenzia di Bologna sono andato in California dove ho fatto il mio toefl, l’esame di ammissione all’Università, poi ho fatto il primo master. Da lì ho cominciato la mia carriera senza sapere bene cosa volessi fare, sapevo solo, però, che volevo arrivare a dei livelli alti, ad esempio come Executive. Nel 2013 sono tornato in Italia perché sono figlio unico, dal momento che mio padre è morto nel 2012. Quindi ho deciso che, poiché non ho bisogno di lavorare, avrei dato una possibilità all’Italia. Così adesso seguo mia madre. Questa è la ragione per la quale sono qui.

Sappiamo che non ha iniziato a lavorare subito come docente di inglese madrelingua…Può parlarci delle varie esperienze lavorative, che le hanno anche permesso di conoscere persone famose?

Ho trovato lavoro come Presidente di una multinazionale, che aveva a che fare con l’industria cinematografica e nel frattempo mi ero anche iscritto ad una scuola per diventare attore e ho sostenuto alcune parti. Poi, ho iniziato a frequentare produttori, registi e celebrità grazie al mio lavoro e grazie a ciò mio figlio poteva frequentare una scuola privata, insieme ai figli di vere e proprie celebrità. Siamo anche diventati amici, ma la scuola privata era veramente pesante da sostenere economicamente.

Cosa le hanno lasciato tutte queste esperienze?

Gli esseri umani sono tutti uguali alla fine, anche se parli con una celebrità, sono degli esseri umani che hanno le nostre stesse problematiche e situazioni familiari. Essi e i loro figli vivono come sotto una lente di ingrandimento. Il loro comportamento è sempre analizzato e sotto gli occhi di tutti. Ma sono esseri umani uguali a noi.

Come ha iniziato a insegnare?

Sono tornato a Mantova e, nonostante facessi fatica a trovare lavoro essendo presidente di due multinazionali, ho deciso di rimanervi. Una mia carissima amica era insegnante al Belfiore e mi ha suggerito di provare a insegnare. Subito ho risposto di no, poi ho provato, perché volevo essere attivo mentalmente, e mi sono trovato bene, mi sono messo dal punto di vista degli studenti e mi sono posto la domanda: “Se io fossi uno studente, come vorrei che un docente mi insegnasse?” Ho capito di dover cercare la loro attenzione e sono stato capace di farlo.

Cosa le piace di questo lavoro?

Mi piace il fatto di offrire l’opportunità ai ragazzi, che sono con me per un certo periodo della loro vita, di fare la differenza, quindi spronarli, motivarli per raggiungere una vita migliore; e vedere il cambiamento che possono avere e mettere a frutto quello che facciamo assieme non ha prezzo. Perché, vedete ragazzi, non è un lavoro a senso unico da parte mia, ma coinvolgo molto gli studenti, quindi il risultato che io ottengo, lo ottengo anche grazie a loro e ciò è la cosa più preziosa che ci sia.

I ragazzi la stimano e la seguono: qual è il suo segreto?

Che i ragazzi mi stimino e mi seguano, non lo so. Io mi metto al loro livello, dico sempre di non essere diverso da loro, ma che ho solo un po’ più d’esperienza, sono uguale a loro, sono stato anche io su quella sedia. Il mio segreto è quello di creare, in inglese si dice “ the wonder”, la vivacità di imparare quello che sto insegnando: facendo questo, attraggo la loro attenzione. Per me è divertentissimo vederli coinvolti.

Vuole raccontarci qualcosa del suo metodo di insegnamento, di come si svolgono le sue lezioni?

Le mie lezioni sono sempre basate su critical thinking, quindi assieme leggiamo un paragrafo, lo capiamo e lo discutiamo, poi faccio domande extra, continuando a chiedere il perché, “why?” Il mio scopo è quello di farli parlare, in inglese si dice “let have tham talk”, li faccio parlare senza l’ansia di essere giudicati, poiché a me non interessano i loro errori.

Se dovesse dare un consiglio ai ragazzi del nostro istituto in merito al loro futuro, che cosa suggerirebbe loro?

Innanzitutto, suggerirei di non abbandonare quello che a ciascuno piace fare nella vita, ma di seguire i propri desideri, le proprie passioni, di lavorare sodo, perché alla fine, come dico sempre, “volete essere pagati per qualcosa che vi piace”. Il lavoro ideale esiste, il lavoro per voi c’è, bisogna continuare ininterrottamente a cercare il proprio lavoro ideale, perché – ripeto – il lavoro perfetto, o quasi, esiste. Siamo felici di sentire parole tanto incoraggianti. Grazie, prof., per il tempo che ci ha concesso. Le auguriamo una buona fine d’anno scolastico.

2 commenti a “INTERVISTA AL PROF. CALLEGARINI”
  1. Thank you Gaya and you all at Fermi for giving me the opportunity to help to make a difference. I DO do what I can and do my best. Guys remember: we are all part of this. I am not the protagonist but you are. Love and prosper, as every single one of you deserves it.

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