Costa tanto, sì. Costa la vita.
di Martina Bonali
1.339 €. Questo è il prezzo dell’ultimissimo iPhone 17 Pro.
1,30 €. Questa invece è la paga giornaliera di bambini congolesi, per quattordici ore di lavoro nelle miniere di cobalto.
Consideriamo che servono in media 3,5 grammi di cobalto per produrre la batteria di uno smartphone. Con le attuali condizioni di lavoro per l’estrazione e trasporto, questo materiale viene a costare circa 28,73€ al chilo, che si traduce in 0,087€ per i 3,5 grammi necessari per il dispositivo che tieni in mano adesso. Il cobalto costa, sì. Costa la vita.
La Repubblica democratica del Congo è il principale fornitore di cobalto al mondo, producendone più del 70%. Il cobalto è un minerale fondamentale per fabbricare ogni oggetto di tecnologia moderna, dai cellulari alle auto elettriche, dai computer ai droni. Quello che non si sa, però, è da dove arriva questa preziosa risorsa.
Il cobalto, insieme al coltan e a molti altri minerali, viene estratto da piccole mani, in stretti e angusti cunicoli. In Congo, la percentuale di bambini coinvolti in gravi forme di sfruttamento e lavori usuranti, come portare sacchi pesanti per dodici o quattordici ore al giorno, ha raggiunto l’80%. All’interno delle miniere, oltre al lavoro insostenibile, che è causa di mutilazioni per molti, si respirano polveri e metalli pesanti estremamente dannosi per la salute di questi bambini, che sviluppano infatti molto spesso malattie polmonari e dermatiti da contatto.
Il lavoro minorile in Congo dimostra che compagnie internazionali come Apple, Tesla e Google, non stanno rispettando la due diligence policy nella loro filiera produttiva e di approvvigionamento del minerale. Questa “politica di dovuta diligenza” prevede l’analisi e la gestione dei rischi legati alle proprie attività o alle proprie relazioni commerciali e, negli ultimi anni, è diventata strettamente legata alla sostenibilità, quindi agli impatti su diritti umani e ambiente. Le stesse Nazioni Unite hanno imposto l’adozione di una certa condotta per garantire il rispetto di questi diritti e identificare, prevenire e mitigare i rischi legati alla loro violazione.
Delle conseguenze ci sono state, nel 2019, quando quattordici famiglie congolesi hanno aperto una causa, supportati dal gruppo International Rights Advocates, contro i cinque principali colossi internazionali che sfruttano i minori in Congo: Apple, Microsoft, Google, Dell e Tesla. Accusate di essere pienamente consapevoli dello sfruttamento in atto, le multinazionali incriminate sono state portate in tribunale con la richiesta di compenso per arricchimento illecito, il lavoro forzato, l’angoscia emotiva e la supervisione negligente a cui sono stati sottoposti i figli delle famiglie. Nessuna delle società si era mai trovata davanti a una simile sfida legale, e non sono stati rilasciati commenti a riguardo. Dopo pochi mesi, nessuno ha più sentito nulla della questione, e il mondo se n’è dimenticato in fretta.
Gran parte dell’estrazione avviene in miniere illegali o semi-regolari dove i lavoratori non sono registrati e non hanno protezioni né assicurazioni. I “luoghi di lavoro” sono privi di ventilazione, i “lavoratori” utilizzano strumenti rudimentali, esplosivi non autorizzati e passano la maggior parte del loro tempo in zone senza controllo geologico, con rischi elevatissimi. Infatti, sono molto frequenti incidenti mortali, come quello che il 15 novembre 2025 ha portato al crollo di una miniera nella provincia di Lualaba, causando almeno 70 morti secondo alcune stime, e più di cento secondo altre, oltre che innumerevoli dispersi. Il governo congolese ha annunciato l’apertura di un’inchiesta, ma date le condizioni precedentemente descritte, questa può essere definita come una tragedia annunciata. In effetti, solo nel 2024, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha registrato oltre duecento morti in incidenti simili. Amnesty International sollecita interventi urgenti, ma il sistema continua a gravitare intorno all’interesse maggiore: i minerali.
La situazione risulta già abbastanza grave, ma ciò che c’è dietro la rende ancora più disumana: proprio per l’enorme ricchezza del Congo in minerali preziosi, in particolare cobalto, alcuni stati occidentali, come gli USA, il Regno Unito e la Francia, hanno indirettamente sostenuto gruppi militari dei paesi limitrofi Uganda e Rwanda affinché invadessero i territori congolesi e stabilissero il lavoro forzato. Ora, oltre alla situazione raccapricciante dei lavoratori, abbiamo anche un genocidio così silenzioso da essere dimenticato. Stupri, violenze, soprusi, morte, sono all’ordine del giorno nei confronti di uomini, donne e bambini. Abbiamo di fronte a noi quella che possiamo, e dobbiamo, definire “schiavitù moderna”. Nei libri di storia troviamo scritto che i trattati e gli emendamenti del diciannovesimo secolo hanno vietato questa pratica, ma è proprio qua, davanti ai nostri occhi.
E ce l’abbiamo tra le nostre mani, proprio ora.

