L’incredibile storia di Andrea Devicenzi. Dopo la perdita di una gamba ha sfidato i propri limiti e ha raggiunto l’eccellenza: gli studenti del “Fermi” lo hanno incontrato.

Di Serena Scalari

L’assemblea del 22 dicembre ha narrato l’esperienza di Andrea: forza, coraggio e autostima sono stati gli ingranaggi fondamentali per far ripartire la sua vita dopo l’incidente che cambió per sempre il suo sguardo sul mondo. Un messaggio che parla di successo, di come raggiungere gli obiettivi passando attraverso inevitabili fallimenti.

È dal 2013 che Andrea si racconta nelle scuole mostrando strategie e risorse per stimolare la motivazione personale.

Il percorso di Andrea inizió a 17 anni quando perse la gamba a causa di un incidente in moto. Tuttavia, anziché piegarsi, affrontó le sfide: decise di praticare lo sport con una sola gamba. Un cambio di prospettiva che lo ha plasmato, cambiando per sempre  non solo la sua vita atletica ma anche le prospettive personali. Nacque un nuovo punto di vista sul mondo che lo circondava.

“A 17 anni non sei ancora pronto all’idea di perdere un arto – ha affermato Andrea – Non pensi che la tua vita possa cambiare in un solo istante”.

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Andrea, ma cos’è il fallimento e quando si realizza nella nostra vita?

Il fallimento è quando non si affronta una situazione, ma si parte già prevenuti con il pensiero di non farcela. È quindi importante essere propositivi e, in caso di bisogno, chiedere aiuto poiché è necessario avere la consapevolezza che non sempre possiamo fare tutto utilizzando solamente le nostre forze. Queste richieste non dimostrano debolezza o incapacità, ma sono un simbolo di intelligenza e di conoscenza di noi stessi e dei nostri bisogni.”

Dopo un periodo di coma, Andrea trascorse otto lunghi mesi in ospedale, di cui tre in cui poteva vedere i suoi genitori solamente per 10 minuti al giorno. Questo periodo di convalescenza fu un vero banco di prova per la sua resilienza.                                                                  

Il primo ostacolo significativo che dovette superare fu la barriera fisica. Una sfida resa più ardua dalla percezione distorta della società: ovvero una “grande bugia”. È il concetto che, per essere considerati “normali”, sia necessario avere due gambe e, di conseguenza, la promozione dell’uso di protesi come requisito per una vita considerata standard.

Perché hai deciso di utilizzare le stampelle e non le protesi?                                                                     “Per quanto l’amputazione fosse stata eseguita molto in alto, ho detto No alla protesi rifiutando l’idea di tornare la persona che ero prima, ma sfruttando la situazione per un cambiamento positivo.”

“Occhio alla barriera mentale,                                                                                                                       occhio a ciò che diciamo,                                                                                                                                        occhio alla nostra centralina”

Andrea Devicenzi ci invita a prestare attenzione alle parole che utilizziamo nei nostri pensieri, poiché queste hanno il potere di plasmare la nostra realtà. Sottolinea l’importanza di essere consapevoli delle nostre convinzioni perché diventano la nostra verità.

Un’altra domanda ricevuta durante l’incontro riguarda proprio questo punto.

Quali problemi hanno segnato l’ambito relazionale?                                                                                       “Non erano le donne ad avere problemi nei miei riguardi, ma ero io stesso con i miei pensieri.”

L’unico suo limite era quello mentale. Un muro che ha impedito relazioni e opportunità. Andrea si trovava completamente immerso nel suo problema, aveva chiuso le porte al mondo esterno. Solo riaprendole sarebbe rifiorito.                                                                                        

Nel suo ruolo di motivatore, Andrea chiarisce che il suo compito non è trovare una motivazione universale, ma piuttosto aiutarci a scoprire la “nostra motivazione” individuale. Ognuno di noi ha obiettivi unici che possono guidare le nostre azioni e ispirarci. Ascoltandoci attentamente, siamo in grado di identificare ciò che ci interessa veramente e trovare la spinta interna necessaria per perseguire i nostri traguardi.

Andrea fa riferimento alla sua situazione personale parlando di convinzioni e pensieri:                            “Se ti convinci di essere handicappato parti già svantaggiato.”                                                                           Ribadisce inoltre il concetto di staccarsi dal pensiero altrui. “Io in 50 anni non ho mai vissuto un giorno da disabile.”

Specialmente quando le sfide si fanno sentire è cruciale non lasciar andare la motivazione. Dobbiamo continuare a lavorare verso i nostri obiettivi passo dopo passo, focalizzandoci sul “qui e ora”, migliorando la nostra autostima e avendo chiaro dove vogliamo arrivare. È fondamentale non solo abbracciare la nostra unicità ma anche riconoscerla come un punto di forza, anziché vederla come un difetto.                                                                        

-“Dopo l’incidente hai ricominciato ad andare in moto?”

No perché dovrei sbilanciarmi dalla parte sinistra e non mi fa sentire al sicuro.

Non voglio dimenticare il passato perché mi ha insegnato qualcosa.

Ha imparato che non era colpa della moto e che amava (e ama) la velocità.


-“Senza l’incidente saresti stato la stessa persona?”
È una domanda difficile ma io dico di no. In 33 anni sono cambiato veramente tanto ed è stato un percorso difficile. Quando giocavo con persone più brave prendevo grandi batoste, ma in quei momenti ho imparato tanto.

Si vive per la motivazione: “Se non ti piace ciò che stai facendo, cambia, perché non avrai l’energia per continuare.

-”Come fai a guidare?”

Non riuscirei ad usare la frizione, ma con la macchina automatica il problema è risolto.

L’incontro con Andrea Devicenzi ha lasciato un’impronta profonda nel cuore e nell’animo di noi studenti. Attraverso la sua storia di resilienza, determinazione e ottimismo, ci ha insegnato a superare le sfide personali e a perseguire i nostri obiettivi con coraggio e volontà! Abbiamo imparato che non è la mancanza di un arto a renderci deboli, ma è il come affrontiamo la vita che determina il nostro successo.

Di Serena Scalari

Estroversa solo con le persone giuste, amante della musica e del fantasy, fermamente convinta che le piccole cose facciano la differenza, senza mai dare nulla per scontato.

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