Stirpe del Fermi, vi siete mai chiesti quale dinamica governi l’approccio relazionale dell’essere umano? Su quali fondamenta si articola la società di oggi? Pronti o meno, vi propongo una riflessione sistematica sulla dimensione sociale-relazionale e sul principio di causalità ai quali ci affidiamo. Che sia la volta buona che impariamo cos’è venuto prima tra l’uovo e la gallina?
di Davide Tecchio
Nel libro “L’anarchia selvaggia” di Pierre Clastres (Elèuthera, Milano 2017), l’antropologo francese considera l’ascesa del potere come un dilemma tra prestigio e autogoverno. Ebbene, cosa voleva dire Clastres? Ciò significa che un capo per rimanere tale deve riuscire a tenere testa al suo caratteristico desiderio di prestigio: detto ancora meglio, colui che comanda non dispone in realtà di nessun diritto al potere, ma per mantenere viva la sua autorità dovrà costantemente pagare il debito con la società. Vi sembrerà una contraddizione, ma l’antropologo francese credeva in una forma di “società contro lo stato”, realtà primitive indivise che non ammettevano né la sottomissione né il potere. Puzza di Marx? Mi dispiace deludervi, Clastres infatti ribadisce l’abbandono dell’uguaglianza e della libertà dell’uomo come condizione irreversibile. È convincente così o manca qualcosa? Ci manca difatti capire come sia stato possibile che certe premesse abbiano portato a risultati così diversi, cioè come da un sistema autogestito di massima e assoluta relazione in equilibrio si sia giunti ad un ambiente disfunzionale (quasi impossibile definire ecosistema) nel quale la relazione non gioca più il ruolo di protagonista. Cerchiamo quindi di conoscere l’ordine causa-effetto inserito nel contesto sociale: che legame logico c’è tra l’uovo e la gallina?
Per approfondire questo aspetto brevemente, cito in causa l’opera Trattato sulla natura umana (1739) di David Hume. Ebbene, nella sua analisi Hume affronta la dottrina causale come una connessione di fatto e non un legame universale. In pratica per il filosofo scozzese la necessità causale e la conseguente presenza di leggi universali nella natura sono soltanto ipotesi. Da ciò si capisce che le nostre scelte causali si basano interamente sull’esperienza e non su leggi razionali: l’analisi, quindi, è totalmente soggettiva in ogni suo aspetto. Vi vengo in aiuto, tranquillə: prendendo come esempio una palla da biliardo in corsa verso un’altra, riesco a prevederne l’effetto, cioè il movimento della seconda palla. «Non c’è nulla in questi oggetti, astrattamente considerati, e indipendentemente dall’esperienza, che mi porti a formulare una simile considerazione, e, anche dopo che io abbia avuto esperienza in molti effetti di questo genere non c’è niente che mi porti a supporre […] che l’effetto sarà uguale a quello passato.»
Detto ciò, cosa c’entra la dimensione relazionale? Essa è l’eredità e il frutto di un modello causale che ammette la soggettività e che ha “imbrattato” e rivoluzionato il corso della storia: un ribaltamento logico del quale, a questo punto, è possibile conoscere il punto d’arresto, il limite alla soggettività di questo mutamento perpetuo? Perciò ora tocca a voi tirare le somme, convincervi della versione del mondo che state vivendo, capire se l’umanità o il suo passato sono più uovo o più gallina e se un pulcino riesca a guadagnarsi l’opportunità di nascere.