Tolta la veste seria ed istituzionale, la nostra “preside” ci racconta la sua storia di studentessa e ci parla del suo rapporto con la scuola

di Sveva Morini

Dirigente, sappiamo che spesso la Sua figura viene percepita come distante dagli studenti. Tuttavia, prima di ricoprire questo ruolo, anche Lei è stata una studentessa. Ci potrebbe raccontare un po’ della Sua esperienza personale in quel periodo?

Certamente. Spinta dalla mia famiglia, ed anche perché ero brava a scuola, ho scelto di frequentare il liceo classico Virgilio, in quanto sembrava essere il mio sbocco naturale… nonostante debba ammettere che ero particolarmente portata per le materie scientifiche. Quella del liceo classico è stata un’esperienza che mi ha arricchita molto, soprattutto perché i miei docenti sono riusciti a farmi appassionare alle materie. In particolare ricordo con grande affetto e stima il mio professore di latino e greco, nel quale avevo trovato una figura di riferimento. Ai miei tempi la relazione che vi era tra studenti e docenti in generale era molto più distaccata rispetto ad ora, ma personalmente ritengo che la situazione odierna sia migliore e più formativa.

Com’era Lei sui banchi di scuola?

Devo dire che da giovane ero molto vivace sia perché ero interessata sia dal punto di vista comportamentale, diciamo che ero una di quelle ragazze che faceva un po’ arrabbiare e non stava mai zitta (n.a. chi se lo sarebbe mai aspettato!). Un piccolo aneddoto: con il mio compagno di banco inventai, nell’epoca pre-WhatsApp, WhatsApp: avevamo un’agenda sulla quale, per tutta mattina (5 ore su 5) ci scrivevamo dei messaggini che ci passavamo tramite il quadernino, ovviamente senza stare attenti alla lezione. Penso che la mia vivacità, nonostante col tempo si sia dovuta regolare, non mi abbia mai abbandonata, e penso lo si possa percepire da questa mia personalità esuberante.

Dopo il liceo classico che tipo di percorso universitario ha scelto di intraprendere?

Grazie alla mia prof di fisica del tempo, che mi aveva fatto appassionare alla sua materia, scelsi come percorso di studi la facoltà di fisica, anche se di fatto non sapevo bene cosa fosse realmente la fisica. Mi sono sempre piaciute le sfide e quest’ultima particolare mi ha permesso di “alzare l’asticella” per dimostrare a me stessa che potevo farcela, potevo arrivare in fondo.

Nei Suoi progetti Lei prendeva già in considerazione l’insegnamento?

In realtà ho sempre detto che non avrei mai insegnato, avrei fatto qualsiasi cosa al di fuori dell’insegnante… In realtà, quando mi laureai, feci un colloquio all’IBM dove ero stata quasi assunta. Ma prima di partire per formalizzare la mia assunzione, chiusero le assunzioni e io non ottenni il posto. Senza perdermi d’animo iniziai a fare supplenze, cosa che avevo già fatto durante il mio percorso di studi per arrotondare, in quanto andai a vivere da sola a soli 25 anni. E alla fine, contro ogni mia prospettiva iniziale, mi sono appassionata al lavoro di insegnante, soprattutto perché mi consentiva di rimanere a contatto con i ragazzi (cosa che ammetto mi manca molto).

Ho insegnato per 25 anni e ho lavorato in tante scuole molto diverse. Penso di aver imparato ad insegnare veramente quand’ero di ruolo al Vinci, perché nelle scuole professionali era difficile insegnare fisica, dunque ho dovuto applicare metodi non istituzionali (ci mettevamo nel cortile dell’istituto per calcolare la velocità di un oggetto tenendo il tempo con i cronometri) per cercare di coinvolgerli e farli appassionare alla materia tanto quanto i miei professori del liceo ci erano riusciti con me. Nessuno ti insegna ad insegnare. Certamente io avevo dei buoni modelli di riferimento ma piano piano con gli anni la mia personalità ha preso il sopravvento, fino a trovare il mio stile ed i miei metodi. Nel mio percorso di insegnante ricordo un formatore, Don Basso, che mi ha fatto capire l’attenzione che bisogna mettere nei confronti dei ragazzi: una sua frase tipica era “I ragazzi non basta vederli, bisogna guardarli”, è una differenza minima ma fondamentale. Mi sono sempre confrontata molto con i miei studenti, perché sono convinta che solo parlando riesci a capire meglio gli altri e te stesso, per poter migliorare il tuo approccio.

Essere la preside di una scuola così importante ed innovativa come il Fermi La rende fiera?

Io volevo venire qui, soprattutto per il clima di serenità e quest’approccio nuovo che la nostra scuola adotta. Sono orgogliosa dei docenti e del personale che ci lavora, in quanto tutti possiedono competenze molto elevate. Certo non è una scuola semplice da gestire, perché ogni giorno, date le sue dimensioni, ci sono problemi da affrontare, anche se in questo non mi sento mai sola.

Lei è una dirigente donna, come ci si sente a ricoprire un incarico così importante all’interno della scuola?

Non essendo un uomo non saprei dirti la differenza che vi potrebbe essere tra i generi… Personalmente non ho mai sentito diffidenza nel fatto che fossi donna, forse perché sono una donna dall’approccio deciso e non ho mai sentito una discriminazione. Alle volte ci si sente in difetto, perché si dedica meno tempo alla propria famiglia in quanto quello che svolgo è un lavoro totalizzante, anche se d’altra parte ha un grandissimo pregio, perché mi mette a contatto con un bene preziosissimo, ovvero voi studenti. A volte mi viene il pensiero di mollare tutto e aprire un chiringuito al mare, un posto dove c’è caldo… Magari, un giorno…

Tornando a parlare di scuola, in questo periodo inizia ad esserci il cosiddetto “profumo di maturità”. Lei come l’ha vissuta? Se la ricorda?

Certo che me ne ricordo, soprattutto perché quella fu l’estate nella quale conobbi mio marito. Era il 1983, c’erano quattro materie all’orale, dove una la potevi scegliere tu e una ti veniva data dalla commissione ed appena finiti gli scritti (italiano: tema su Leopardi; latino: un brano di Cicerone) mi sono ammalata e ho rischiato di non poter fare l’orale… Alla fine ho studiato con la febbre alta e tutto è andato per il meglio.

Ha un augurio per i maturandi?

Bisogna impegnarsi perché senza la consapevolezza di aver fatto il possibile non si è mai tranquilli mentre si fanno gli esami. Ma se uno ha la coscienza pulita, nonostante l’esame metta alla prova, riuscirà ad affrontarlo in maniera più serena. Vi auguro di avere la coscienza pulita, di stare tranquilli e sono sicura che tutto andrà per il meglio.

La maturità è un passaggio molto importante: c’è un prima ed un dopo, studierete all’università e lavorerete; sarà un mondo tutto nuovo e determinante per il vostro futuro, che dovrete scoprire e vi farà sicuramente crescere.

Grazie mille per la Sua disponibilità!

Popolo di MyFermi, cosa ne pensate? Avreste mai immaginato che la nostra Dirigente un tempo si scambiava bigliettini tra i banchi di scuola? Fatecelo sapere nei commenti!

La dirigente con parte di MyFermi

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