Illustrazione di Greta Vaccari
Mi cibo di sguardi
di Andrea Annibaletti
Bara bara bara. Bero bero bero.
Pì pì pì pì pì pì pì. Verde lampeggiante. Squittente. Intermittente.
Cianciung sulla pedana dell’entrata al vagone.
Destra/sinistra. Destra o sinistra. Sinistra e tiri dritto. Almeno all’arrivo non ti trovi tra il granturco. Ok, bene. Dritto dritto. Sguardo da chi il tennis lo guarda. Di là e di qua. Di qua e di là.
Occupato occupato. Occupato occupato. Sguardo preoccupato della signora. Sguardo addormentato del ragazzo. Occupato occupato. Occupato LIBERO.
LIBERO. Buono. E vicino un classico signore non interessante.
Ah…si alza. Niente, quindi: nessuno a fianco. Io con i miei quattro posti e nessuno con i suoi.
Chi verrà? Quanti? Uno, nessuno o minore uguale a 4 perché di più non ci stanno?
Verifica di mate oggi. Fatta bene. Tocco lì, di conseguenza.
Pioggia leggera. Sento un lontano fastidietto alla gola. Cristo, se le due lacrime sui capelli mi fan la bronchite son da ricovero.
A sinistra il flusso dei cercatori. Di posto. Perché non lì? Cosa vi spinge a lasciare quattro posti (di quelli da first class che si guardano) per proseguire oltre?
E poi perché…
Eccola. Ecco chi possederà il quartetto di fianco. Chi è? Ah.
Bella ragazza che aspettava treno. Modena o Verona. La seconda, a quanto pare.
Sì, ma non ricordo. Di guardarla diretto non se ne parla. Specchio. Finestra-specchio: tattica dal potere illegale. Guardo fuori o ti guardo. Scusa, mi stai guardando? No, signorina stavo osservando le infestanti che marginano i binari. Scacco matto. E lei non può dire nulla. Potere illegale, la finestra-specchio.
Sì, però dopo.
C’ha la borsa. Quindi…grande.
Ma come? Non sembra. Sarà mica la borsa a darle gli anni. Io sono sciolto tanto.
Sì, cazzo me ne frega. Distendo le gambe: sono a mio agio.
Credo di essere uno da ragazze delle cinque e mezzo.
Passi lungo il corridoio dei cercatori. Signore. Si accomoda una fila oltre. Anche quella due quartetti da first class liberi.
Poi altri passi. Cazzo, è una mandria. Ah, ecco, sono in tre e giustamente quasi saturano l’altro quartetto. Zolgaver zin ollebal zallfer zollverein. Crucchese.
Bene. Ora parte.
Se non sbaglio…
Specchio delle mie brame. Cazzo, è bella davvero. Ragazza-donna. Ragazza-donna delle cinque e mezzo.
Unghie belle. Bel naso. M’ha guardato poco fa? Scrutato velocemente?
Giro la testa e guardo fuori dall’altro finestrino, quello alla mia sinistra. Traiettoria che invade il suo spazio ma si dirige altrove. Tecniche ingegneristiche per chi non spiccica parola.
Il cellulare lo guarda, beh ovvio. E le cuffiette pure, prevedibile. Tranquilla non ti accoltello, non le uso. Quattordici euro, magro capitale umano.
Ok ok. Il mio sguardo naviga. Est ovest nord sud ma la sua faccia non la guardo.
Mo’ la guardo. Sì sì, ora la guardo anche se non si vede altro che marrone capello. Sguardo al di fuori per lei. Non è che. Non è che…
La conosce forse. Conosce finestra-specchio. Ahà. Conosco le mie armi. Conosco i miei polli. Sempre la maestra delle elementari diceva e poi fece piangere il mio amico con solo ‘sta frase e poi e poi e poi.
Sì.
Tum- tum. Tum-tum. Fa il treno sui binari. Pum-pum. Pum-pum. Fa il mio cuore.
Tum-tum. Tum-tum. Tum-tum, tum-tum. Tum-tum, tum-tum, tum-tum, tumtum tumtum tumtumtumtumtumtum. E lo stesso fece il mio cuore con le p al posto delle t. Sincronismo tra macchina ferro e pompa cuore. Se non è il momento ora. La realtà ti parla e di solito non lo fa mai. Sì, son pronto.
Un due tr…oh. Ops.
Respinto ai miei piedi. Zattere verdi. Macché respinto, sbalzato via da onda d’urto. Eccheccazzo. Guardi un attimo e ti spara il suo sguardo negli occhi. Ora basta, son sazio.
Mi cibo di sguardi. Quanto coglione sono. Mi cibo di sguardi. Mi cibo di sguardi.
Passi improvvisi da dietro l’orecchio. E ‘sto qui da dove spunta?
Si siede nel quartetto di lei. Alla buon’ora caro. Devo finire, dai. Legge un libro. Titolo. Sillimbarberbruberips o simile.
Rimembra dai. Sii nel posto ancora. Sii lì. Si vede che si sforza a sfogliare le pagine.
Cacchio che folle. Il cacchio del folle. Basta reggerti il pacco, mica te lo rubano.
Ti introduci così nel giro degli sguardi. Tutti guardano tutti senza voler sembrare dei guardoni.
Manca poco. Campagna conosciuta. Non ricordo già che faccia c’ha quella. Serve altro azzardo. No. Tentenno. Difficile da sostenere. Dopo, chi s’è visto s’è visto: lo sai vero? Chi la vede più quella, poi.
Dai, Drew. Dai, che sarà mai.
Questa è una sfida per te stesso.
Lo sai che ogni momento è unico e non si torna indietro.
Sì, ma poi tutti i momenti rivivono in me. È certo che chi s’è visto s’è visto ma nella mia mente continuerò a vedere. È questo il problema.
Continuerai a vedere cosa? Estraneo sguardo in un attimo. Si volatizza nei vagoni. Brucia. Il momento è solubile, si scioglie nel tempo.
Gira quella testa!
GIRA LA TESTA E PUNTALE GLI OCCHI ADDOSSO PER VEDERE CHE FACCIA HA.
Stridere dei freni.
Fine corsa. Ora mi alzo e la guardo.
Solo marrone capello. Peccato.
Mettiti la giacca che le lacrime in testa ti fan bronchite. Che fame.