Tutti i giorni ci confrontiamo con il riflesso della nostra immagine pensando che guardarci allo specchio ci aiuti a definire ciò che gli altri vedono

di Lyam Sibilia

Parlami, raccontami una storia falsa a cui crederò per sempre, che prenderò per vera senza pensare per niente, come in quelle giornate intere passate a guardarmi davanti a uno specchio che riflette immagini così subdole da non accorgermi che mente. Convinto della realtà di ciò che osservo mi illudo non esista un “io” diverso, che il mio e il tuo siano lo stesso, che l’universo sia unico per tutti e per tutti definito, che le persone scrivano di me analogamente a come mi descrivo. Aver vissuto fidandomi ciecamente di chi ho cercato quando avevo bisogno di certezze mi uccide, scoprendo troppo tardi i punti d’appiglio essere falsi, come una roccia cedevole che fa scivolare la mano e cadere il corpo in un letto di spine, e il dolore provato a quel punto non sarà dato dalle punte della natura che dolcemente tagliano la pelle morbida, ma per la dura montagna che si è presuntuosamente mostrata a me sicura per poi scalfire la fiducia solida. Il tradimento reca dolore ma nulla è in confronto al senso di smarrimento, una volta che perdi la percezione di te in confronto al mondo non esiste sentiero tu possa seguire, non esiste terra, cielo o mare aperto, semplicemente tu, insignificante in quanto l’impossibilità di definirti annulla la tua stessa esistenza, e anche se lo facessero gli altri non esisterebbe un modo per cui tu possa capire chi sei e dove tramite un’idea complessiva che ti dia certezza.

 

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