Lanciarsi da un palazzo in un setaccio
di Andrea Annibaletti
Gallaga. Gallgantula.
Garr. Gargantula.
Sveglio. Forse.
Sì. Occhi impastati. Bocca incollata.
Buio, quindi molto non cambia.
È ora?
Per cosa? Cristo, che ansia. È ora?
Ah, sì. Ora ricordo. Eh, allora è tardi, allora.
Ma no, chi te lo dice?
Chi me lo dice?
L’orologio. Lui, me lo può dire. Lo sgabello bianco ove l’abat-jour poggia il culo.
Eccolo qui: 8 e 12. Merda, il peggio. Merda, il peggio.
Rischio di passarle via. Alle 45 suona. Addormentarsi, troppo rischioso.
Ma se suona ti svegli, pirla. Sì, ma se non?
Non so. Ho paura. Potrebbe saltare. Ogni tanto non si sveglia neanche la sveglia.
E allora son…
Appeso, ecco cosa son. Lanciarsi da un palazzo in un setaccio. Spera di non prendere i buchi se no son…
Naufrago. Naufrago nel pacifico Pacifico.
Dipendo dalla sveglia. Può e può non suonare. Dipendere da qualcos’altro. Perché ora mi addormento. Ho un’ansia pizzicante.
Naufrago nel Pacifico. Grrrrrr fiuuuuu. Grrrrr fiuuuuu. Russare. Ma come. Sono solo a casa.
Ah no, sono intontito. Nessun rumore. Paracusie russanti.
Ok, ora mi addormento. Tranqui suonerà.
Mi accorgo della mia precarietà.
Naufrago nel Pacifico che, se suona la sveglia, approda alle Hawaii. Salvo e in orario. Onora gli appuntamenti.
Naufrago nel Pacifico che, se non suona la sveglia, continua a dormire e raggiunge all’alba del pomeriggio le coste giapponesi. Morto e in ritardo.