L’Ex frontman dei Black Midi, Geordie Greep, torna con uno dei progetti musicali più interessanti di quest’anno.

di Andrea Ferrari

Se qualcuno ad inizio anno mi avesse detto che lo scioglimento dei Black Midi sarebbe stato il miglior evento in ambito musicale, gli avrei riso in faccia. Come può essere la perdita di una band del genere essere positiva? Stiamo parlando di un gruppo che ha portato un livello di innovazione senza eguali il rock sperimentale, che ha destrutturato le convenzioni musicali, mischiando generi su generi, ma mantenendo comunque un altissimo livello di tecnicismo e musicalità.

Eppure, l’ex frontman della band londinese, Geordie Greep, riesce a dimostrare che tutto è possibile, perfino l’impossibile. Il suo esordio da solista, “The New Sound”, potrebbe non essere allo stesso livello di innovazione rispetto al sound dei Black Midi, ma ci offre per certo uno degli ascolti più interessanti di quest’anno.

Il concept dell’album è in parte ispirato alle esperienze serali dell’artista, scrivendo su ciò che le persone rivelano dopo aver bevuto un po’ troppo. I protagonisti delle canzoni sono afflitti da una miseria che non riescono a comunicare, e che li costringe a dire e fare cose che probabilmente non dovrebbero rivelare.

Greep racconta queste storie con un carisma unico, teatrale. La sua performance è dinamica, quasi da attore, tanto che l’intero album sembra un musical.

Prevale l’ironia in tutto l’album, con testi che giocano tra provocazione e umorismo pungente. Per esempio, “Through a War” parla di un leader assetato di potere, così ossessionato da qualcuno che ama che è disposto a sacrificare tutto il resto; in “As If Waltz”, il protagonista si innamora di una prostituta e si immagina di condurre con lei una vita insieme.

Secondo me l’esempio più lampante è proprio il primo singolo dell’album. In “Holy, Holy”, Greep gioca con l’immagine di un seduttore troppo sicuro di sé, portando una narrazione vivace, ma anche provocatoria e molto ironica; non si impone alcun limite, nemmeno nei termini (“When I tell you your p*ssy is holy”).

Le tracce dell’album sono ricche di suoni e influenze tutti diversi, ma che riescono a funzionare tutti insieme. Questa composizione quasi jazz è comunque molto influenzata dalla musica latina, che gli da un ritmo movimentato e vivace.

Le influenze sudamericane si sentiranno però per tutto il disco, poiché Greep ha registrato l’album durante un tour in Brasile e ha collaborato con vari musicisti locali. Il rock sperimentale dei Black Midi è quasi assente: è un eco che ogni tanto si riesce a sentire, come nelle tracce “Blues” e soprattutto “Walk Up”, che si basa proprio su una vecchia canzone live della band.

L’album si conclude con “The Magician”, un’altra traccia inedita dei Black Midi, una canzone lunga ed emotiva che si estende per oltre dieci minuti; infine, come ultima canzone, una cover di “If You Are But a Dream” di Frank Sinatra, una conclusione talmente teatrale che mi sarei aspettato di vedere i titoli di coda.

Nonostante lo scioglimento dei Black Midi sia apparentemente solo temporaneo, Geordie Greep dimostra che la sua creatività non conosce limiti, reinventandosi con un disco che fonde ironia, teatralità e sonorità nuove. Il suo percorso solista rappresenta una continuazione intrigante della sua visione musicale. E questo nuovo inizio non delude affatto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *