This is the first image of Sgr A*, the supermassive black hole at the centre of our galaxy. It’s the first direct visual evidence of the presence of this black hole. It was captured by the Event Horizon Telescope (EHT), an array which linked together eight existing radio observatories across the planet to form a single “Earth-sized” virtual telescope. The telescope is named after the event horizon, the boundary of the black hole beyond which no light can escape.   Although we cannot see the event horizon itself, because it cannot emit light, glowing gas orbiting around the black hole reveals a telltale signature: a dark central region (called a shadow) surrounded by a bright ring-like structure. The new view captures light bent by the powerful gravity of the black hole, which is four million times more massive than our Sun. The image of the Sgr A* black hole is an average of the different images the EHT Collaboration has extracted from its 2017 observations.  In addition to other facilities, the EHT network of radio observatories that made this image possible includes the Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) and the Atacama Pathfinder EXperiment (APEX) in the Atacama Desert in Chile, co-owned and co-operated by ESO is a partner on behalf of its member states in Europe.

I buchi neri esistono, dopo decenni di scetticismo nessuno ormai ha più dei dubbi. Ma cosa c’è dopo? Cosa succede quando muore un buco nero? Su questo ci sono solo idee: una di queste riguarda i buchi bianchi.

Di Davide Bagnoli

Il 3 Marzo 2023 è uscito per Adelphi Buchi bianchi di Carlo Rovelli, fisico teorico, che nel suo libro ci racconta quello su cui ha lavorato negli ultimi anni. Non è intento di questo articolo riassumere o recensire il libro, che non si limita all’esposizione di un’idea, ma ci racconta un viaggio all’interno della ricerca scientifica che a più riprese si intreccia al viaggio di Dante nella Divina Commedia; dunque, consigliandone comunque la lettura, in questo articolo ci si limiterà ad esporre una teoria che potrebbe essere confermata o smentita tra qualche giorno o tra qualche decennio.

Nel 1916, Einstein pubblica la sua teoria della relatività generale che descrive la gravità come una curvatura dello spaziotempo causata da materia ed energia. In particolare, la teoria prevede l’esistenza dei buchi neri, punti di spazio in cui la massa è talmente elevata da impedire perfino alla luce di sfuggire, impedendoci di osservare tutto quello che risiede dentro l’orizzonte degli eventi, cioè la sfera nera che indica il punto di non ritorno. Al giorno d’oggi la loro esistenza è riconosciuta universalmente grazie alla scoperta delle onde gravitazionali e alla famosa foto (quella di copertina) del buco nero super massiccio al centro della nostra galassia, fotografato solamente un anno fa dall’Event Horizon Telescope, un telescopio formato da 11 radiotelescopi sparsi in tutto il pianeta.

Queste stesse equazioni che prevedono i buchi neri, permettono di descrivere perfettamente anche il loro contrario: i buchi bianchi. In pratica, mentre i buchi neri assorbono ogni cosa, i buchi bianchi emettono energia e materia come una sorta di “fontana cosmica”. Tuttavia, pur essendo la loro esistenza teoricamente plausibile, la teoria di Einstein non ci permette di descrivere come questi possano formarsi all’interno del nostro universo.

Quando negli anni ’70 Stephen Hawking ha teorizzato le radiazioni dei buchi neri, cioè la perdita di energia dovuta a effetti quantici, ci si è iniziati a porre domande sulla possibile morte dei buchi neri: ed è proprio nella morte di un buco nero che forse potrebbe nascere un buco bianco. Ripercorriamo quindi quella che potrebbe essere la vita di un buco nero: 1) si formano quando una stella di massa molto elevata finisce di bruciare e non ha più energia per contrastare la forza gravitazionale, causando il collasso della stella su sé stessa e rimpicciolendosi; 2) raggiunta una certa dimensione, la stella è sufficientemente densa da formare un buco nero, ma all’interno di questo la stella continua a collassare, diventando sempre più piccola (e nel mondo della fisica, quando le cose iniziano a essere molto piccole, entrano in campo i fenomeni quantistici); 3) la stella è talmente piccola da non potersi rimpicciolire ulteriormente e quindi “rimbalza” iniziando a espandersi, il tempo si è invertito ed è nato un buco bianco.

Tuttavia, la teoria dei buchi bianchi rimane ancora oggetto di discussione tra gli scienziati, poiché non esistono prove concrete della loro esistenza e ci sono ancora molti problemi teorici; ma, se i buchi bianchi esistessero, potrebbero avere importanti implicazioni per la comprensione dell’universo e per la fisica teorica. Potrebbero, ad esempio, fornire una spiegazione per alcune delle anomalie che i fisici hanno riscontrato nell’osservazione del nostro universo, come ad esempio la materia e l’energia oscura. Addirittura, il Big Bang potrebbe essere considerato come un gigantesco buco bianco e gli studi in questo campo potrebbero quindi portarci risposte sull’origine del nostro universo.

In definitiva, la scoperta di questi fenomeni è ancora in continua evoluzione, ma potrebbe aprire nuove strade per la ricerca scientifica e per la comprensione del nostro posto nell’universo.

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