di Davide Tecchio
Quel giorno d’inverno vedevo per la prima volta le nuvole: il terreno era fresco sotto la schiena, con le dita giocherellavo e stuzzicavo l’erba; avevo freddo ai piedi ma le spighe mi facevano il solletico; su, dove non potevo toccare, c’era un mare di un colore mai visto, azzurro cielo. Mi sporgevo in alto per sentire la sua acqua, era impossibile. Immaginavo le onde infrangersi spontanee tra di loro, si sovrastavano ed insieme tacevano: il suono incessante del silenzioso divenire. Ed ecco che da questo mare in tempesta la schiuma si faceva più densa e vivace, si muoveva al ritmo delle onde, si contorceva, camminava e nuotava. Bianca nell’acqua. Allora con un piede saltai verso di lei, la presi per mano e navigammo per ore. Mi bagnavo le dita nell’acqua del cielo. In alto, dove l’acqua era più scura e la schiuma più sottile, dove l’erba e le foglie erano talmente piccole e lontane che mi stavano nel palmo della mano. Lei era così veloce. Stretti volavamo come cuculi di uno stormo solitario, che del mondo ora vedeva così poco, che del mare ora importava soltanto. Quel giorno d’inverno vidi per la prima volta le nuvole.
Penso sempre a lei. Da quando la mattina nasce, fino a quando il dolce sole cala e ancora un poco dopo. Disteso tra l’erba penso a lei, tra il soffice cantare delle rondini la ascolto, tra l’acqua calma dello stagno vedo sempre lei. E quando penso a lei, mi chiedo ancora per quale assurdo motivo un aquilone possa volare.
Quella mattina il sole ancora s’alzava e sui campi la luce si infrangeva veloce; era bello stare seduti, guardando l’orizzonte velato, appisolandosi tra i rami della betulla, sognando Dio e il tuo respiro. Tirava una fresca brezza, di quelle che ti sarebbero piaciute: faceva venire voglia di alzarsi e correre, correre senza meta, senza tempo o spazio, e poi gettarsi a cantare alle fragole e alle ortiche aspettando una loro risposta. Quella mattina volevo ballare con te per l’ultima volta ancora, mano nella mano, con la testa all’insù ad ammirare il mare. Desideravo solo averti a fianco: ho sempre avuto paura del tempo che tiranno mi ha giudicato, che sfuggente camminava per la via, e che troppo forse ho dimenticato. E tu non ci sei. Mi manca la tua voce, gli uccelli ormai l’hanno scordata ed il vento adesso scuote solo le foglie. E tu non mi senti. Il tuo viso è solo passato perché nel ricordo io vivo. Seduto sulla terra nuda, col mare burrascoso e il vento caldo, pensavo a te, penso sempre a te.
Mare mare mare voglio annegare
Portami lontano a naufragare
Via via via da queste sponde
Portami lontano sulle onde
Oggi reciti così bene, posso parlarti poco, solo nelle pause, ma mi piace. Mi ricordi la sabbia del deserto, che come perle, cadendo risuona. Ieri mi parlavi di come avevi fatto a interpretare La donna del sole, ricordi? Mi dicevi che faceva caldo a passeggiare lungo il fiume ed avevi passo spedito. La Donna era una spensierata e vivace ragazza. Ti recasti sul bordo del fiume: a piedi all’aria cantasti, perché le spighe volevano ballare:
Cuccurucucu paloma
Ahia-ia-ia-iai cantava
Cuccurucucu paloma
Ahia-ia-ia-iai cantava
Vedevo i tuoi capelli scendere sulla schiena nuda. Al suono dell’acqua cuccurucucu. Piangevo, ma non lo vidi.
Ancora una volta mi mostravi il tuo ultimo ritratto: avevi freddo perché dovevi stare davanti ad una grande finestra di cui gli scuri coprivano solo la metà. Su uno sgabello di legno, nuda, in posa, lo sguardo dritto verso il pittore.
– Come ti sembra? – mi chiedevi
– Forse non è un po’ triste? Hai gli occhi stanchi, mi sembra.
– Dovevo stare fermissima, dopo un po’ mi stufo.
– Il tratto è bello, la luce pure.
– Non quello, parla di me, guardami.
E cosa potevo dire io se non che era bellissima, se non che pareva che le magnolie le componessero i capelli, se non che mi ricordava le foglie d’autunno.
-Sei carina – mi limitai a questo, solo questo.
Abbiamo ballato, ricordi? Sotto il sole di un venerdì, su una collina coltivata, tra le patate ed il grano. Ballavamo perché eri felice, semplicemente per questo. E forse, solo questo serve.
– Sai cosa vorrei? Vorrei salire su una nuvola e dormire – mi guardavi e subito distoglievi lo sguardo imbarazzata
– Chissà se anche loro si addormentano… – In quel momento mi sembrava la cosa più ovvia del mondo e tu cominciasti a giocare con l’aria. E lì tra le spighe dormivamo.
Gli uccelli volano senza il vento? Mi sarei seduto su una panchina ad aspettare lo stormo, ad aspettarti oggi. Ma non ti vedo ancora e mi manchi. Non ci sei. Perché non ci sei? Mi abbandonavi anni fa ed io lo scordai, o forse mai lo farò. Insieme era l’eternità perché decidemmo che i giorni sarebbero stati mesi: ci siamo guardati per mesi e mesi. Sarei rimasto lì finché non saresti tornata.
– Perché sei qui quando potresti essere ovunque? – chiedevo all’allodola a fianco a me, che fischiando fischiettava
– Ti domando la stessa cosa.
Oggi seguo l’allodola e lo stormo, per scoprir se davvero gli uccelli volano in un cielo senza vento.
Sta venendo buio e ho sonno. Ho passato anni rinchiuso nel ricordo, ed ora la notte dormo soltanto sotto le stelle. Tu mi hai regalato le nuvole, ogni giorno: vedo il mondo cielo azzurro, e gli stormi che ti seguono, e l’acqua che ti sussurra dolci parole, e gli artisti che ti dipingono e io ti guardo, stasera, domani e ogni giorno. Ma non sei qui con me. Mi donasti le nuvole così che io potessi averti, così che io potessi dormire la notte, così che io potessi amarti. Tu sei cielo, vento, acqua, sole e luna, perché te ne andasti quel giorno, quando gli stormi non vidi più lassù, quando nessun colore i quadri avevano più, quando le nuvole più non dormivano.
Ti persi e non ti ritrovai mai più. Non aspetterò che il sole sorga per riabbracciarti, non aspetterò che il tempo giunga: salterò su una nuvola bianca e verrò da te. Per le onde del mare verso il sole, per la fresca brezza del cielo, lontano da questo mondo, a ricercare la dolce vita che mi donasti.
Opere realizzate dall’autore del testo Davide Tecchio
Un ringraziamento speciale all’illustratrice Sara Fontanesi della classe 1^G, la quale ha realizzato l’immagine di copertina ispirata a questo racconto.