Lo “schema Ponzi” è una truffa che, negli Anni Venti, ha ingannato più di quarantamila persone.

di Matteo Tezza

Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, detto Charles, nasce a Lugo, in provincia di Ravenna, nel 1882.
Trascorre la propria adolescenza a Parma, dopodiché si iscrive alla Sapienza di Roma. Nei suoi anni universitari, non farà altro che sperperare denaro, motivo per il quale si vedrà costretto ad abbandonare gli studi ed emigrare negli States.
Giunto a Boston con soli 2,50 dollari in tasca (corrispondenti a circa 87$ odierni), si procura lavoretti semplici: viene assunto, ad esempio, come cameriere, ma perde l’impiego a causa di furti e piccole truffe legate ai danni dei clienti. È in questo periodo che, forse per calarsi nella nuova realtà, inizia a farsi chiamare Charles.
Nel 1907, si sposta in Canada, dove entra alle dipendenze della Zarossi Bank, istituto di credito fondato da Luigi Zarossi al fine di gestire i risparmi degli immigrati italiani, che offriva un tasso di interesse sui depositi pari al 6% (circa il doppio rispetto alla media dell’epoca).
Ponzi si accorge presto delle precarie condizioni economiche della banca, causati da pessimi investimenti immobiliari. Al fine di risarcire i correntisti che ritirano il loro denaro ed esigono il pagamento degli interessi, il fondatore si serve di uno schema piramidale, che consiste in buona sostanza nell’attingere ai depositi dei nuovi correntisti. Il fallimento è inevitabile e Zarossi fugge in Messico assieme ad alcuni collaboratori.
Dopo la chiusura della banca e la conseguente perdita del lavoro, Charles, che ha da parte una cifra modesta, prova a falsificare un assegno, ma viene scoperto. Passerà tre anni in carcere per essere, poi, rilasciato nel 1911. Deciderà, quindi, di fare ritorno negli Stati Uniti, dove sarà coinvolto in un progetto di immigrazione clandestina, che gli frutterà altri due anni dietro le sbarre (ad Atlanta, stavolta).
Nuovamente libero, fa ritorno a Boston, dove tenta un business accostabile alle Pagine Gialle che, tuttavia, non avrà successo: riceverà, però, una lettera da parte di un’azienda spagnola, il cui contenuto non è importante; infatti, ciò che è rilevante è quanto si allegava all’epistola ovvero un buono di risposta internazionale. Il buono in questione permetteva di cambiarlo con un francobollo finalizzato a spedire la lettera di risposta verso la Spagna.
Verificati i tassi d’interesse, Ponzi fa una scoperta sensazionale: comprando buoni di risposta internazionale dall’Estero, è possibile poi scambiarli negli Stati Uniti con francobolli aventi un valore molto più alto e ottenere, infine, un profitto netto.
Nel 1919, Charles crea la Securities Exchange Company, società che permette alle persone che lo desiderano di investire il proprio capitale: questo viene poi usato per acquistare i buoni. Ponzi promette, altresì, che i soldi affidatigli sarebbero stati raddoppiati entro 90 giorni.
Riesce a convincere un piccolo gruppo di persone, che, dopo appena 45 giorni, intascano una cifra aumentata del 50%.
A questo punto, sempre più persone iniziano ad affidare il proprio capitale alla Securities Exchange Company e la società arriva a raccogliere 15 milioni (226 milioni di oggi) agli inizi del 1920, tutti provenienti da piccoli investitori.
Alla fine del 1920, il giornalista Clarence Barron scriverà un articolo, avvertendo che la proposta da Ponzi può funzionare solo su piccola scala: sottolineerà, altresì, una incongruenza sui buoni che avrebbero dovuti essere convertiti (160 milioni) e quelli convertiti in realtà (72 mila).
In realtà, Ponzi sta usando un metodo molto simile a quello della Zarossi Bank: promette un margine di guadagno ai propri investitori e, qualora qualcuno di essi decida di ritirare il capitale, gli viene corrisposta la cifra promessa.
Le persone vengono, pertanto, pagate, ottenendo un riscontro positivo e ciò creerà la pubblicità necessaria per attirare altri acquirenti.
Il denaro portato dai neoinvestitori viene, quindi, utilizzato per pagare il capitale dei clienti di vecchia data, che, a quel punto, ritireranno il loro credito.
Questo sistema, detto “schema Ponzi”, presenta una struttura piramidale e funziona solo con l’ingresso di nuovi acquirenti: la società, infatti, non sta effettivamente guadagnando il capitale che promette agli investitori. Finché il capitale in entrata eccede quello in uscita la truffa può essere perpetrata.
L’articolo di Barron crea il panico tra gli investitori, che chiederanno in massa di ritirare il loro capitale.
Lo scandalo sarà reso noto a nove mesi dell’inizio della truffa.
Charles prova a fuggire in Messico, ma sarà intercettato dalla polizia in Texas, dove sarà condannato a 14 anni di prigione.
Sconta la propria pena per poi tornare in Italia perché espulso dagli Stati Uniti.
Quello di Charles Ponzi rappresenta uno degli episodi più eclatanti della storia finanziaria, ma non l’unico: i primi casi affini allo schema Ponzi sembrano risalire al 1872 e vedono protagonisti Adele Spitzeder, in Germania e Sarah Howe, sempre negli Stati Uniti.

Di Matteo Tezza

Curioso come non mai, sono sempre in mezzo a qualcosa, infatti vengo chiamato prezzemolo

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