Sulla sottile linea tra coraggio e destino
di Emma Malavasi
La terra trema sotto di lui, mettendolo alla prova.
Deve decidere se puntare saldamente i piedi sui mattoni del cornicione o lasciarsi inghiottire dalla stessa terra che gli sta facendo perdere l’equilibrio.
È una sfida che vuole verificare la sua forza, vedere se è abbastanza forte per affrontare questa vita;
se non lo è, non può stare qua.
Prima o poi tutti vengono sottoposti a questa prova finale.
La corrente gli sfiora i capelli e fa svolazzare all’indietro la giacca sbottonata.
Si gira in modo da non essere controvento e, tenendo saldamente un’asta immaginaria, simile a quelle degli spettacoli circensi, cerca di prendere il destino nelle proprie mani, senza lasciare che gli eventi atmosferici decidano per lui: è un potere che spetta a lui e a nessun altro.
Una goccia di sudore freddo scivola rapidamente dalla sua fronte, potrebbe sembrare una lacrima, ma i suoi occhi non tradiscono alcuna emozione: non c’è paura, non c’è disperazione.
Lotta per tenerli aperti nonostante il fastidioso vento, non può permettersi di distrarsi.
Un uomo che ha sempre vissuto al limite della sicurezza e ha giocato con la morte dovrebbe essere abituato alla mancanza di fiato e alla tachicardia che precedono ogni momento sospeso nell’aria. Ma questa volta è diverso. Quel vuoto nello stomaco sembra quasi una sensazione di liberazione che desidera emergere, ma che per ora è soppressa dalla sua totale concentrazione sul presente.
Il funambolo è determinato, ha bisogno di camminare su quella fune: è l’istinto che lo guida.
Una figura avvolta in un velo nero, da testa a piedi, spunta dietro le spalle dell’uomo, lo afferra.
Magicamente tutta la tensione svanisce: gli occhi si rilassano, cosi come la postura; si lascia trasportare in un abbraccio tra un uomo e la sua stessa ombra.
Il vento, che un tempo lo intimoriva, ora lo culla e lo aiuta a raggiungere l’infinito.
Colui che ha sempre camminato ha finalmente iniziato a volare, ritrovando quel brivido che pensava di aver perduto per sempre.
A volte, nella disperazione, erriamo da una parte all’altra, cercando disperatamente un modo per ottenere ciò che ci manca.
Altre volte, preferiamo gettarci a capofitto da un palazzo in un vuoto che ci fa sentire vivi, scoprendo solo alla fine se quella figura scura che ci abbraccia è un paracadute o un’incudine.