David di Donatello e Festival di Cannes: la recensione dei film in gara e di quelli premiati.
di Davide Tecchio
Quante volte abbiamo sentito un amico, un cugino o addirittura taluni critici commentare l’industria cinematografica italiana denigrandola e ridurla a un insipido giudizio quale “INUTILE. GLI ALTRI LO FANNO MEGLIO”, oppure “FA SCHIFO”, o ancora – e ciò, lasciatemelo dire, risulta ancor più aberrante – “DOVREBBERO DOPPIARE LA VOCE”. Per chi non lo avesse ancora capito, nel panorama cinematografico, non possono esistere affermazioni più ottuse di queste (ad eccezione forse definire i film Marvel grandi capolavori). Ebbene, seppur siano ovvie le importanti lacune del cinema italiano, festival internazionali rivelano che l’ authorship italiano ha ancora diversi assi nella manica.
La Stranezza (2022 – Roberto Andò)
Vincitore del David di Donatello come MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE e MIGLIORE SCENEGGIATURA, La Stranezza di Roberto Andò si rivela una piacevolissima fusione tra cinema popolare e d’autore: da una parte Ficarra e Picone che se abilmente gestiti, come in questo caso, sono in grado di sprigionare un potenziale sorprendente e inaspettato; dall’altra Toni Servillo, gigante dell’industria cinematografica Italiana, portavoce di una corrente visiva a cavallo tra cinepresa e palcoscenico. Un’esperienza pirandelliana fino al midollo capace di giocare con il metatesto sul piano narrativo e teatrale. Un film che fa dell’ armonia il suo punto di forza: più che “stranezza”, sarebbe meglio dire “freschezza”!
Le otto montagne (2022 – Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch)
L’adattamento dell’omonimo romanzo, vincitore del Premio Strega, di Paolo Cognetti, consiste principalmente in un film per il grande pubblico sapientemente camuffato da film d’autore. Seppur sia lodevole la scelta del formato in 4:3 che riesce ad evitare la deriva stilistica in pellicola unicamente illustrativa e celebrativa della bellezza paesaggistica, approfondendo invece i limiti autoimposti di un’immagine che non allarga i bordi e resta concentrata sullo spazio occupato dai personaggi; il girato sfocia – e lo dico con rammarico, credetemi – nell’ovvio. L’amicizia dei due protagonisti non riesce a comunicare nulla che non vada oltre il didascalico: la relazione è prevedibile e soprattutto esaspera il sentimentalismo e la lacrima facile. Tuttavia, il film risulta singolare e piacevole nei suoi ritmi lenti: vince il David come MIGLIOR FILM, come MIGLIORE SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, come MIGLIORE AUTORE DELLA FOTOGRAFIA e come MIGLIOR SUONO.
Il sol dell’avvenire (2023 – Nanni Moretti)
Durata, attesa, insistenza. Conosciamo Moretti: ogni opera è il suo 8, cioè ciò che stupisce non è il cosa ma il come. Il regista bolzanino propone una messa in scena cadenzata, fondata sulla ritmica dell’alter ego di Moretti, che richiamando echi felliniani, ragiona sulla convivenza e sull’accettazione: afferma con semplicità – e arroganza artistica – il diritto di dire ancora la sua, tentennando nella nostalgia della propria indole, consapevole che il suo cinema, il suo piacere e la sua parola non esisteranno più. Un’opera eretta sul protagonismo dell’autore dalla quale si percepisce il candore maturo e consapevole di Moretti.
Il film, in concorso al Festival di Cannes, considerato tra le opere favorite, è affiancato da Rapito di Marco Bellocchio e da La Chimera di Alice Rohrwacher. Tre cineasti italiani in gara: non capitava dal 2015.
E voi cari lettori cosa ne pensate? Siete d’accordo con me oppure siete QUEL tipo di cinefili che prediligono i lavori Marvel 🤨? Diteci la vostra nei commenti e rimanete sintonizzati per le nuove uscite!