Carlo V

di Francesca Necula e Giada Tinè

Buongiorno, popolo della nostra setta segreta!
Avevamo scommesso un uovo di Pasqua sul vostro ritorno. Evviva! Sapevamo che sareste tornati qui a leggerci, soprattutto adesso che sono iniziate le vacanze e siete tornati alla triste vita domestica. Non preoccupatevi, non dovrete più continuare a ricaricare ossessivamente la pagina: abbiamo portato per voi un nuovo esclusivo articolo da leggere mentre aspettate di aprire la vostra colomba integrale dell’Eurospin.
Chissà se anche il protagonista del racconto di oggi, l’imperatore Carlo V, celebrava la Pasqua degustando questo tradizionale dolce con la sua famiglia.

Come tutti noi, anche l’ex imperatore del Sacro Romano Impero aveva un’aspirazione da realizzare, un’ambizione da inseguire per tutta una vita. C’è chi, per esempio, dedica la sua vita ad architettare cupole per le basiliche fiorentine, chi compone versi per la propria amante divorando piadine romagnole, chi scrive semplici articoli su un blog scolastico
puntando in verità alla conquista e dominazione dell’intero pianeta.
Il nostro amato Carlo, invece, sognava qualcosa di innovativo e di diverso da ogni ambizione umana: la pace nel mondo. Che rivoluzione del pensiero umano, questo erede della dinastia degli Asburgo!
È risaputo che quello non era un periodo semplice per l’Impero: molti erano infatti i conflitti che lo interessavano ormai da secoli, tanto che qualsiasi sovrano precedente si era dato alla guerra spregiudicata per ottenere la supremazia e un po’ di ordine nei suoi territori. Ma Carlo era convinto che tutti quei secoli di lotte, scomuniche, genocidi, invasioni e roghi erano solo stati inutili: lui sarebbe riuscito a instaurare la pace assoluta; il suo sarebbe stato un regno cattolico totalmente sereno e pacifico, in cui ogni re andava d’amore e d’accordo con gli altri sovrani, senza mai cadere nella futile guerra.
Come biasimare le intenzioni dell’ingenuo Carlo, che con le sue tecniche di yoga riusciva sempre a mantenere la calma e continuare la sua campagna irenica.

Tutto era cominciato quando il nostro eroe, nipote dei più grandi re d’Europa, ereditò nel 1519 lo stato di Aragona, la Castiglia, la Sicilia, la Sardegna, il regno di Napoli e i territori degli Asburgo. La vastità del suo regno richiedeva una grande responsabilità, Carlo lo sapeva bene, ma il sovrano non perse mai l’ottimismo.

L’ascesa al trono non fu così semplice; la sua autorità appariva già dagli esordi così irrilevante che la nobiltà spagnola decise che la madre Giovanna, soprannominata La Pazza, sarebbe stata una migliore garanzia per la salvaguardia del regno. Così, mentre Carlo si trovava in qualche spiaggia sperduta nell’impero a trascorrere le sue ferie, venne
miserevolmente diseredato e rimpiazzato. Il povero Carlo si aspettava solo di mostrare la
sua tanto ambita abbronzatura, e invece, al suo ritorno in caravella, si ritrovò al di là della riva una folla munita di forconi e torce infuocate, desiderosa soltanto di vederlo morto. Ma Carlo aveva in mente un obiettivo preciso, e quindi non si fece abbattere. Riuscì pazientemente a sedare le rivolte, impressionando con le sue doti zen l’aristocrazia spagnola e guadagnandone la stima.


Un’altra problematica a cui Carlo dovette fare fronte era rappresentata dalla popolazione dei Turchi Ottomani, esseri anomali dai numerosi arti superiori che abitavano le zone dell’est e parte dell’Africa.
A scatenare il conflitto fu Solimano II il Magnifico, che colto da un’inusuale spinta espansionistica -iniziata centinaia di anni prima- decise di attaccare Vienna. Carlo V in tutta risposta azzardò un tentativo di conquista della città di Tunisi, che però non andò a buon fine. Il nostro Carlo decise quindi di non lasciarsi prendere dallo sconforto e ritirarsi dalla battaglia, preferendo frequentare un corso di meditazione.
Carlo intraprese poi una nuova guerra contro di loro per la dominazione dell’Ungheria ma,
preso dal senso di colpa, si sentì in dovere di presentarsi al cospetto dei rivali con le guance solcate dalle lacrime, gridando di voler solo un mondo pieno d’amore. Decise quindi di farla finita con quell’infruttuosa guerra, cedendo direttamente una parte dell’Ungheria ai Turchi come regalo di Natale, dimenticandosi della loro professione musulmana.

In alleanza con i Turchi c’erano i Francesi, popolo ai cui occhi Carlo V risultava più antipatico di chi diceva “cornetto” al posto di “croissant”. I domini di Carlo circondavano completamente la Francia, ma lui non era ancora soddisfatto; voleva la pace universale, e solo lui poteva garantirla: doveva quindi avere il controllo di tutti i territori. Partì dunque alla volta di Milano, e in poco tempo riuscì a strapparla dalle grinfie dei Francesi a suon di meditazioni complottiste. Durante queste guerre, Carlo consentì a dei soldati tedeschi, detti lanzichenecchi, di andare a saccheggiare la città di Roma, mentre lui era impegnato a godersi la pace camminando scalzo per i prati dei parchi milanesi. Questa pace per cui si era battuto durò però ben poco, perché ora Carlo si era fatto un nuovo, più potente nemico: il papa.


Finita la sua sessione di shifting, Carlo venne a sapere della terribile situazione creatasi con la Chiesa. Non poteva permettersi di avere un tale idolo del suo cuore come il papa come nemico. Come avrebbe fatto a creare la sua super monarchia cristiana? Rimediò recandosi immediatamente dal suo amato Clemente VII de’ Medici, chiedendogli
umilmente scusa e riottenendo la sua alleanza. L’unione con la Chiesa gli permise di ricevere l’investitura papale a Bologna, diventando così re d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero.

Una parte del suo piano era completa: il territorio era ora unificato sotto il suo dominio.
Adesso bisognava assicurarsi che tutti i sovrani rispettassero i dogmi del Cristianesimo Cattolico, ma questa si rivelò una vera sfida, dopo che un tale Martin Lutero se n’era uscito con le sue 95 critiche alla dottrina cristiana. Solo con un foglio di carta appiccicato alla porta di una cattedrale periferica era riuscito ad influenzare centinaia di persone, rovinando tutti i suoi piani. Mannaggia! A causa di quel foglio stropicciato era nato ora un vero e proprio
movimento di rivolta contro il Cattolicesimo, e Carlo doveva occuparsene. Dannazione,
stupido pastore tedesco che brucia le bolle papali! Tra i principi tedeschi aveva cominciato a diffondersi una certa spinta autonomistica, e per placare questi movimenti anti-imperiali Carlo invitò tutti ad una dieta detox ad Augusta, per riappacificarli e farli tornare a vivere una vita d’amore nei confronti del prossimo.
Quelli però se ne fregarono altamente della sua dieta augustana, insistendo sulle loro dottrine protestanti. Il papa, inorridito dal loro comportamento, li dichiarò tutti eretici e loro, di tutta risposta, si allearono in una lega anti-imperiale. Intanto Carlo assisteva impassibile alla vicenda, e, ottimista come sempre, fece un saluto al sole per mantenere la calma. Convocò quindi una nuova dieta ad Augusta, per smaltire ancora qualche chilo e riappacificare gli animi dei principi, ma non ci fu proprio verso di placarli.


Alla fine, stanco del disastro causato dai principi protestanti e dal papa, Carlo si arrese in un primo momento alle volontà dei tedeschi e permise loro di praticare qualsiasi religione volessero, a patto che lo lasciassero vivere la sua anzianità in completo relax tra una meditazione e l’altra.
Gli ultimi anni della sua carriera politica li passò rinchiuso tra le quattro mura di un palazzo a Trento, a decidere cosa fare dei protestanti. Un concilio così lungo avrebbe dovuto avere una soluzione geniale, e invece, dopo diciotto anni di dialoghi con il papa, la soluzione fu quella di mandare qualsiasi dialogo con i protestanti all’aria e dare inizio alla loro persecuzione spietata e senza scrupoli.

A questo punto, Carlo era completamente distrutto. Il suo sogno era fallito, il suo cuore frantumato in mille pezzi. Niente era andato come aveva programmato. Anche il suo fisico era stremato dalle incessanti diete e dalla mancanza di sonno. D’altronde, come avrebbe potuto dormire se sul suo impero il sole non tramontava mai? Alla luce di ciò, Carlo fece le valigie e decise di ritirarsi nel monastero di Yuste per condurre una vita contemplativa, abdicando e abbandonando qualsiasi responsabilità al fratello Ferdinando I e al figlio Filippo II.


Così terminò la carriera politica di Carlo V, le cui doti zen sono raccontate in ogni singolo volume di storia. La sua perseveranza nell’inseguire il suo sogno dovrebbe essere un esempio per tutti noi: non importa che i suoi obiettivi non furono raggiunti, o che in realtà la condizione di pace a cui lui ambiva abbia causato innumerevoli guerre e persecuzioni. L’importante è che lui ci abbia provato, ogni giorno, fino alla fine. Carlo ci ha insegnato a mantenere la lucidità e la calma per proseguire la nostra esistenza senza pressioni. Dovremmo tutti praticare uno stile di vita zen come lui, così che l’ottimismo ci spinga a realizzare i nostri desideri più grandi.
Ma forse l’insegnamento più grande che ci ha donato l’imperatore è di non portare avanti i nostri doveri più difficoltosi, perché ogni tanto è bene scaricare le responsabilità a qualcun altro.

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