Diversi cetacei sono rinchiusi da mesi in un parco acquatico con basse probabilità di sopravvivenza.
Di Camilla Furini
Il 5 gennaio 2025 ad Antibes in Francia, il parco acquatico più grande d’Europa, Marineland, ha chiuso. Tutto è partito dal governo francese, che ha proibito gli spettacoli con i cetacei. Questo ha portato ad un’importante difficoltà economica per la struttura, che man mano ha diminuito il personale, e che alla fine ne ha causato la chiusura definitiva. Alcuni animali però sono ancora lì. Per la precisione 12 delfini e 2 orche. Il parco aveva precedentemente richiesto di poter trasferire gli animali in Spagna, ma le strutture lì presenti, non rispettano area, volume e profondità ideali per la salvaguardia dei cetacei. Il governo francese ha inoltre rifiutato di trasferirli in altri parchi, poiché questo avrebbe portato ad ulteriore sfruttamento, che quindi avrebbe aperto un circolo vizioso, senza alcuna soluzione. La risoluzione sarebbe il trasferimento dei cetacei in un santuario, il The Whale Sanctuary Project in Nuova Scozia.
Alcuni cittadini di Antibes non sono totalmente consapevoli della tragica situazione. Certi pensano che gli animali siano stati già portati altrove, altri invece credono che verranno presto portati via. Nessuno però sembra fare qualcosa di concreto. Nonostante l’apparente abbandono, però, vi sono ancora custodi e veterinari che le nutrono, le tengono sotto osservazione, e che mantengono attive le pompe e i filtri dell’acqua.
Secondo un noto biologo marino presidente di Verde Acqua, Emilio Vancuso, queste creature sono oramai compromesse: ciò che si può fare è cercare di offrire loro una vita migliore al di fuori della prigione in cui si trovano. Secondo quanto detto dal biologo, questi sono animali complessi, con un percorso evolutivo particolare e con una stretta gerarchizzazione interna al gruppo: sono dunque organismi nati e volutisi per vivere in spazi ampi, che però sono stati forzati a vivere in piccole vasche, lontani dal loro habitat naturale. L’aspettativa di vita delle orche è mediamente di 70 anni, ma lo stesso Vancuso ha affermato: “opinione mia, c’è da sperare che non durino così tanto”. Questo descrive la profonda drammaticità della situazione.
Vancuso spiega che c’è però una speranza per i delfini. A Taranto è in fase di costruzione un mesocosmo, ovvero un vasto tratto di mare che verrà confinato da una serie di reti: è un luogo che assomiglia al loro ambiente naturale, ma che è protetto. Questi animali potrebbero esservi trasportati e inseriti. Da lì dovrebbero poi iniziare un periodo di adattamento, poiché sono organismi ormai abituati a ricevere cibo, non a cacciarlo. La speranza è quindi che possano poi ritornare nel mare aperto in sicurezza. Una cosa simile, ha spiegato il biologo, andrebbe fatta anche con le orche. Questo risulterebbe impossibile nel Mediterraneo, in quanto non è un ambiente che ha caratteristiche idonee per la loro sopravvivenza. Bisognerebbe dunque trovare una situazione analoga a quella dei delfini, ma nell’atlantico.
“Perché non liberarle?”
Secondo quanto detto da un altro biologo marino, Lorenzo Marittimo, le due orche, madre e figlio, vivono dentro a questo parco rispettivamente da 23 e 11 anni. Sono altrettanti anni che vivono ricevendo cibo dagli umani, senza cacciare più. Hanno dunque sviluppato un repertorio vocale ridotto, che non consentirebbe loro di riconoscere o farsi riconoscere da un eventuale gruppo in natura. La proposta di trasferimento al The Whale Sanctuary Project sembrerebbe un’ottima idea, se non fosse che c’è un ulteriore problema: il trasporto. Sono infatti animali che raggiungono una lunghezza di 8 metri e che possono arrivare fino ad un peso di 3 tonnellate. Questo lungo trasporto potrebbe provocare loro molto stress, addirittura letale. Inoltre, il santuario è ancora in fase di costruzione, e dunque sembrerebbe ancora più lontana la possibilità di salvare questi animali, che ormai hanno assunto un comportamento apatico e sofferente.
Una delle immagini più strazianti diffuse nel web, oltre alla condizione al quanto degradante, è l’esibizione fatta ad un drone. Le orche hanno iniziato a danzare, probabilmente perché dopo tutti questi anni di cattività, in cui per ricevere cibo dovevano esibirsi, hanno pensato che fosse l’unico modo per procurarsi cibo.
Come si può notare è una situazione molto disumana, che però non è iniziata con la chiusura del parco, bensì molto prima, con la creazione di questi parchi volti allo sfruttamento, che non sono necessari per l’uomo e tantomeno per gli animali.

