L’ “Halo effect”, o anche detto “effetto alone”, è un bias cognitivo per il quale la nostra percezione di alcune caratteristiche di una persona o di un oggetto è influenzata da altri tratti degli stessi. 

di Matteo Tezza 

L’effetto alone fu scoperto dallo psicologo Edward Lee Thorndike, che gli diede questo nome facendo riferimento alle aureole con cui vengono raffigurati gli angeli. Ma in cosa consiste? 

In uno studio del 1920[1], Thorndike chiese ad alcuni generali di valutare determinate caratteristiche fisiche e sociali di più di 100 cadetti loro sottoposti e di creare una classifica per ognuna delle caratteristiche. 

Il risultato fu che le persone classificate più in alto per la loro fisicità erano anche percepite come più intelligenti e dotate di una leadership migliore rispetto agli altri cadetti; ciò portò lo psicologo alla conclusione che la nostra prima impressione, data dall’aspetto fisico, influenza anche le altre caratteristiche di una persona. 

Ad esempio, una persona di bell’aspetto viene considerata più intelligente, gentile, amichevole ed estroversa [2]; ma non ci sono solamente pregi: queste persone vengono anche percepite come narcisiste, superficiali o persino infantili. D’altro canto, una persona non bella tende ad essere percepita come stupida, più cattiva o anche timida ed introversa. 

Alcuni studi hanno dimostrato che in casi giudiziari le persone più attraenti hanno ricevuto un trattamento più severo da parte del giudice nel caso in cui il crimine da loro commesso fosse quello di truffa. [3] Quando però vengono presi in esame altri casi di crimini differenti si può notare che le persone attraenti tendono ad essere ritenute meno colpevoli rispetto alle non attraenti, che vengono sanzionate da un minimo del 119% in più fino ad arrivare al 304% (ciò non si ferma solamente alla sanzione, ma anche alla durata della pena). [4] 

Secondo vari studi questa influenza è presente anche nel sistema scolastico, nel quale una persona brava viene percepita anche più intelligente da parte dei professori, mentre gli studenti tendono a considerare un professore attraente come più simpatico e amichevole [5]

Anche altri fattori come il peso e il colore della pelle possono influenzare: uno studio ha rivelato che le donne magre bianche hanno un’aspettativa di successo maggiore rispetto alle donne di maggior peso, mentre ciò risulta essere l’opposto per le donne nere [6].  

Questo bias ovviamente viene sfruttato quando possibile per influenzare le nostre scelte, ed è proprio questo il motivo per cui in campagna elettorale sui cartelloni dei candidati questi ultimi appaiono sempre con un sorriso smagliante. 

Possiamo, però, cercare di usare questo effetto anche a nostro vantaggio nel mondo del lavoro, dove l’attraenza e il nostro aspetto possono aiutarci non solo a trovare lavoro più facilmente, ma anche a mantenerlo; un datore di lavoro, per esempio, vedendo l’impegno e la costanza di un proprio dipendente ne avrà una percezione positiva anche se esso ha commesso gravi errori. 

L’effetto alone come detto all’inizio non è solo limitato alle persone, ma vale anche per brand e luoghi: un ristorante bello ed accogliente darà subito la percezione di fornire anche del buon cibo. L’Halo effect viene sfruttato anche nelle pubblicità tramite l’utilizzo di celebrità, o un altro esempio può essere quello delle aziende automobilistiche, che utilizzano un’auto di lancio o il cosiddetto flagship model (il modello di punta) per suscitare nel cliente una fiducia stabile e duratura. 

Ovviamente tutto ciò è valido anche al contrario, e proprio per questo l’effetto alone può essere considerato un’arma a doppio taglio: se un brand ha qualcosa di negativo anche la percezione in altri ambiti sullo stesso brand varierà; parliamo allora di horn effect , che corrisponde alla parte negativa dell’effetto alone [7]

In conclusione, la bellezza e l’attraenza di una persona non determinano la sua intelligenza o gentilezza, ma molto probabilmente la aiutano a raggiungere lo stesso ruolo per il quale una persona di brutto aspetto ha dovuto faticare maggiormente. 

Di Matteo Tezza

Curioso come non mai, sono sempre in mezzo a qualcosa, infatti vengo chiamato prezzemolo

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