“Lasciami andare, ti prego, abbiamo solo questo conto in sospeso.”
di Emma Malavasi
Scriverò le parole che non mi hai mai concesso di pronunciare in una lettera e la porrò sotto la tua porta di casa, in attesa che tu la legga.
In attesa che tu apra gli occhi e che ti guardi intorno, cercando con la coda dell’occhio quel mittente non così anonimo.
Lasciami andare, ti prego, abbiamo solo questo conto in sospeso.
Liberami, devi solo dire una parola a voce alta.
Una tua parola in cambio di mille mie.
Una tua lacrima in cambio di mille mie.
Mi hai schiacciata sempre di più; a volte, fatico ancora a respirare.
Stavo spiando cautamente la scena da lungo le scale, ma è arrivata l’ora di uscire dal portone del condominio.
Tu sei già rientrato da un pezzo.
Varco la soglia.
La pioggia scende velocemente come una manciata di aghi: mi perfora le gambe.
Gli arti mi si atrofizzano, mentre i tuoi silenzi riecheggiano dalla finestra come dolorose anestesie.
La sofferenza è un acido che corrode le tubature del cuore e del corpo: si spezzano e cadono a terra, emettendo un suono metallico.
Domando scusa all’aria per il rumore assordante, al teatro immaginario in cui mi trovo a recitare questo soliloquio accompagnato dalla morte, cruda e raccapricciante.
Gocce di sangue cominciano a scendere lungo il mio corpo dando inizio ad un altro nubifragio. Spero uscirà l’arcobaleno alla fine di tutto ciò.
Per ora si chiude il sipario.