SIAMO FARFALLE

Avevamo le ali bucate, per noi non c’era più via di fuga. 

Di Gaya Panini

Ho sempre amato le farfalle per la loro grazia e per l’infinita delicatezza con cui sbattono le ali. Le farfalle le paragono a quelle persone chiuse, romantiche, passionali, semplici, forti.
Le paragono a noi, io e te; due farfalle sole e ferite.
Ci siamo sempre e solo dedicati i silenzi, tutto ciò che io più al mondo odiavo:il silenzio. Volevo darti di più, volevi darmi di più; volavamo assieme quando tu mi venisti contro e mi spezzasti le ali.
Volevo volare con te, era tutto quello che desideravo, da sempre; giuro che ti amerò per sempre. Quella sera mi hai baciata, ricordi?
Mi hai preso le mani, hai fatto un passo in avanti poi le hai posizionate sui miei fianchi mentre io avevo le braccia legate al tuo collo.
I miei capelli legati ricadevano nel vuoto, tu li accarezzavi.
Era inverno, una sera di pieno inverno.
Mi lasciavi così.
Dove tutto era iniziato, dove il nostro amore sbocciava, dove il nostro amore è andato consumandosi, finendo per cadere lì, dove tutto ebbe inizio.
Due farfalle morte.
Avevamo le ali bucate, per noi non c’era più via di fuga.
Era l’ora di salutarci; scappai via, lontano, lontano da te, dal tuo viso dolce, via dai tuoi occhi verdi che amo, via dalle tue grida che mi volevano ancora lì.
Via da tutto.
Mi accasciai una volta arrivata alla stazione, le mani, le gambe, il corpo tremava; lacrime salate tracciavano un breve percorso sul mio viso pallido.
Le mani mi presero la faccia, iniziai a stringerle attorno alla mia pelle; volevo scomparire. Volevo non essere una farfalla.
Volevo non avere una data di scadenza.
Ti volevo con me per l’ultima volta.
Il ritmo dei respiri andava aumentando, cosa mi avevi fatto?
Mi sono fidata.
Entrambi eravamo troppo, per noi, che non siamo mai stati niente.